venerdì 20 marzo 2015

L'arte ai tempi del consumismo - Io dico no alla scrittura come cura

L'arte ai tempi del consumismo

Una cronaca informale


a cura di Alessandra Nitti







L'arte ai tempi del consumismo
Una cronaca informale

a cura di Alessandra Nitti




Io dico “no” alla scrittura come cura del sé



Quando soffrono i professionisti smettono di scrivere ed i dilettanti si mettono a scrivere.

Sandro Veronesi.


Perché scrivi?
Questo è uno dei quesiti che vengono posti più spesso a scrittori, pennivendoli e aspiranti tali, un po' come le seccanti e ripetute domande “Quanti esami ti mancano?” “Quando ti laurei?” “Quando ti sposi?”
Le risposte, come sempre, sono le più varie: perché mi piace vivere in un mondo lontano da quello reale, per passione, perché da grande voglio essere come Stephen King e, soprattutto, la scontatissima formula: “Perché mi svaga, mi allontana dai miei problemi.” E io quest'ultima frase l'ho sentita migliaia di volte, forse anche troppe. Ad esempio, l'inquietante frase: “Oh, sai, io scrivo. Quando sono triste butto giù qualche pensiero. Vuoi leggerlo?” La mia parte gentile mi fa venir voglia di impostare un sorriso falso e dire “Oh, ma certo! Ma quanto sei bravo!” ma, grazie a Dio, non sono così.
Scrivere è bello, ma raccontar storie è un'altra cosa. Starsene in silenzio con i propri pensieri e carta&penna è appagante, ma emozionare qualcuno è ben altro.
Aprire il taccuino, armarsi di penna e mettere in ordine i propri pensieri è un gesto che soddisfa come pochi, che aiuta a far il punto della giornata. A questo servono i diari segreti che scriviamo da piccoli, ad essere totalmente noi stessi senza paura di venir giudicati, almeno fin quando qualcuno non forzi la serratura del lucchetto – e quelli dei diari sono estremamente fragili e alquanto inutili, dopotutto – e si intrometta nella nostra intimità.
Costringere gli altri a leggere ciò che si scrive sotto la tortura delle proprie pene interiori è crudele, invece. Rimpinzare gli stati Facebook di frasi scontate scritte in un momento no o caricare in Amazon tutta la spazzatura della propria mente chiedendo di essere pagati... beh, la frase continuatela voi.
E io allora vi chiedo, perché dovrei leggere i rifiuti del vostro ego o, peggio ancora, quelli marci e ammuffiti da anni che l'es continua a rigurgitare? Sarebbe come venire a casa vostra e accontentarmi di leccare la carta dello yoghurt presa dal cestino sotto il lavello, quello dove raccogliete il secco, e magari anche complimentarmi con voi e pagarvi.
No. Io non ci sto, io non leggo quello che scaturisce dalla penna appesantita dalle vostre insoddisfazioni.

Io voglio ascoltare una storia.


Io scrivo per narrarvi una storia.




1 commento:

  1. Sono d'accordo su tutto tranne una cosa...io sotto al lavandino ci raccolgo l'umido! Da noi non raccogliamo il secco perchè non sappiamo cosa sia. Certo che a Venezia....

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